festa dell’ascensione
càpita coi morti che li ricordi
da un odore, una foto, in un biglietto
scordato dentro un cassetto di legno;
era giorno d’Ascensione, si apriva
la casa della Favarotta:
dentro c’era l’odore dell’inverno, i vermi
dell’umidità, scolopendre e fiori
di salnitro sui muri.
Benedetto credeva di sentire l’odore
di mio padre: odore di pomodoro
e acquazzina d’agosto, dello zolfo –
come un sogno leggero, tutto nuovo
odore di papaveri sul ciglio della strada.
festa di Pentecoste
lunedì del barbiere quando le chiese aperte
erano posti buoni di fresco e di preghiere,
le passeggiate intorno per cercare la frutta
ma sono discorsi che mi raccontano
i morti dalle ringhiere delle case chiuse:
a questo votarsi, a questo abbandono –
a questa storia, la vita dei luoghi:
Pentecoste in paese, Totò aveva
il vestito della festa e andava in campagna:
guardava le ginestre, le galline, ricordava
i canti di rivolta e di speranza.
a Santissima Trinità
ho sognato mio padre, barcollava –
gli tenevo la mano, ne sentivo
per la prima volta il corpo pesante,
stanco: lui che era una gazzella, veloce
di passo e di pensiero – senza forze
ma gli tenevo la mano e parlava
di quella strada snella che portava
in campagna: la chiamava viòlo;
e ricordo il suo dialetto discreto
come una porta antica, dove c’era
pieno di persone, il corso a festa
la processione: trombette di latta
suonavano i bambini – mi diceva –
per la festa della Trinità.
un santino del Sacramento
è festa della campagna, dell’erba
tagliata; è la presenza reale dei morti –
con le vostre parole facevamo la strada:
un filo d’alba, il mare rosso e fresco;
la presenza dei morti, e tu ne parli
come di amici che sono venuti,
hanno suonato alla porta e hai aperto.
A tavola pane e vino e discorsi
Tuo padre ti ha portato la verdura –
Rosa lamentava difficoltà
a salire la scala, e ne rideva…
Una fotografia ritrovata:
due angele sorelle in primo piano,
dietro tutti loro, e le spighe nuove.
così qui restare
c’è un poeta nel paese che vende
finocchi sopraffini: è un ambulante,
lo incontriamo con Santo –
conquistare parole è una fatica,
mi dice, peggiore della campagna:
la rivolta e la gioia di raccontare –
i suoi occhi un tratturo, nuvole fresche;
penso a mio padre, faceva il caffè
si preparava a uscire di casa,
amava arrivare presto al lavoro,
nel cuore l’allegrezza di un ragazzo.
Penso a lui e così penso al paese,
così qui restare mi ripeteva
dove tutto era diverso da prima
e i suoi amici morti gli facevano
compagnia, come al tempo dei giochi
in piazza, nel giardino della vecchia pazza.